Archivi categoria: favole & fantasticherie

Vorrei

  • ritrovarmi a bordo di un jet che mi porta lontano, verso isole semi deserte, dove la cosiddetta ‘civiltà’ non sia ancora arrivata
  • passeggiare per strade e piazze e vicoli e mercatini affollati da volti sorridenti e allo stesso tempo silenziosi
  • salire in sella ad una moto per danzare con le curve ed i tornanti che salgono sulla collina da cui si vede il mare
  • sedermi in un bistrot davanti ad un pain bagnat, col rumore della Senna che scorre, scaldata dal tuo sorriso
  • svegliarmi una mattina in una casa in riva al mare, con una lama di sole che si posa sul mio viso, cullata dalla risacca e dal  ritmo del tuo respiro

Vorrei certezze… ed ho solo sogni.

Eppure, non so perchè, ma credo di essere un po’ fortunata ad avere ancora i miei sogni… e tu ti chiederai il perchè.

Perchè finchè restano sogni, ti scaldano in una giornata d’inverno

perchè finchè restano sogni, hai la speranza che diventino realtà

perchè finchè restano sogni, speri che la realtà li superi in emozioni

perchè, come diceva Shakespeare, siamo fatti della stessa materia dei sogni.

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Smarrirsi o ritrovarsi…

I libri sono fatti proprio per farci smarrire. Se si comprano, le loro storie nascono; se si leggono, crescono e quando si chiudono e si ripongono nella libreria, intrecciano, la notte, rapporti che non sapremo mai. Se lei ha una Madame Bovary, stia pur certa che il mio Incosciente le proporrà un’assicurazione: poi si rannicchierà nella stiva di una nave del marinaio Martin Eden e forse partirà per l’Alaska con Zanna Bianca.

I libri non dormono mai, sono passionali, focosi, dinamici, e si insinuano nei sogni perduti di chi li possiede, almanaccando, a sua insaputa, nuovi destini.

Questo e molto altro fanno i libri, in particolar modo i romanzi, che non sanno mai stare fermi, se ne infischiano dei loro autori e vanno in giro facendo danni o miracoli. E noi che li abbiamo scritti e letti, non possiamo far altro che lasciarli passare, perchè saranno loro a cercarci, se valgono, e ad attraversarci quando dormiamo.

[da ‘Jack Folla – Lettere dal silenzio’ di Diego Cugia]

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Sogno

Perché le celluline grigie non si fermano mai? Perché non smettono di ballare il rock and roll nella mia testa? Non riesco a smettere di pensare, anche se lo vorrei con tutte le mie forze. Riesco solo a premere il tasto PAUSA, ma quello dello STOP proprio no, non mi funziona.

Anzi, dopo la pausa, la velocità raddoppia, come a voler recuperare il tempo perduto.

 

Penso a ciò che mi circonda, al mio lavoro, alle persone che attraversano il mio cammino, penso ad azioni e reazioni fuori dal mio controllo, a come vorrei la solita bacchetta magica per mettere ordine e far sparire ciò che non mi piace. Penso… e ovviamente non trovo via d’uscita.

Sono arrabbiata, delusa, triste, confusa, ed a quel punto c’è una manina che preme il mio tasto PAUSA.

 

E la musica si ferma: silenzio finalmente. Poi un rumore… prima lieve e quasi impercettibile, poi sempre più forte: è una risata. La mia. Sempre più  gioiosa, quasi sguaiata. Cambia il quadro e vedo una porta.

 

 

 

 

La apro e davanti a me c’è un enorme salone dove le persone sono tutte ferme, cristallizzate nei movimenti come un fermo immagine: chi gesticolava ha le mani a mezz’aria e la bocca semiaperta, chi era seduto e tentava di alzarsi è fermo in una stranissima posizione, in un angolo due ragazzi che si stanno abbracciando, incollati da un bacio. E io inizio a girare, non vista tra questa umanità variegata, con gli occhi curiosi di una bambina che entra nel mondo dei grandi. Guardo, vedo, frugo tutti gli angoli con i miei occhi: ai lati, dove c’è più buio ci sono bambini scalzi che mendicano, un vecchio seduto per terra con a fianco un cartello ‘fate la carità’ e nella tasca del vecchio cappotto sdrucito, una bottiglia di vino col tappo di sughero.

Poi realizzo: qualcuno ha fermato la musica per mostrarmi come sarebbe assordante il silenzio. Nemmeno lo squillo di un cellulare…

 

Esco di corsa dal salone a cercare la vita. Anche fuori tutto è fermo, macchine con i guidatori che sostano in mezzo alla strada, solo i semafori continuano la loro vita verde giallo rosso e di nuovo verde giallo rosso. I pedoni all’angolo della strada attendono di attraversare ma quando la scritta indica AVANTI nessuno muove un piede. Va bene, penso, mi avete fermato la musica, ma la natura continua a vivere e ve lo dimostro. Ed inizio a correre verso il mare. Ma arrivata al mare crollo in ginocchio. La risacca è ferma. La schiuma del mare è come polistirolo. Nulla muove più.

 

Solo io sono viva. Prendo la sabbia e mi scivola dalle dita.

Solo io e la sabbia.

Ma non il mare…

 

E la mia mano cerca l’interruttore… e fa ripartire la musica…

 

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Perchè l’amore è cieco?

Ci sono detti che, anche chi non ama in genere parlare per frasi fatte, fanno ormai parte del nostro uso quotidiano. Tempo fa, qualcuno mi sfidò a trovare le origini di alcuni di essi, quali ‘prendere in castagna’, cadere a fagiolo, ecc.
E oggi.. navigando navigando ho scoperto questo raccontino. E’ una spiegazione un po’ tirata per le orecchie… ma carina Sorriso!
 
 
Follia decise di invitare i suoi amici a prendere un caffè da lei. Dopo il caffè, la Follia propose: ‘Si gioca a nascondino?’.  ‘Nascondino? Che cos’è?’ – domandò la Curiosità.  ‘Nascondino è un gioco. Io conto fino a cento e voi vi nascondete.  Quando avrò terminato di contare, cercherò e il primo che troverò  sarà il prossimo a contare’. Accettarono tutti ad eccezione della Paura e della Pigrizia.
‘1,2,3… – la Follia cominciò a contare.  La Fretta si nascose per prima, dove le capitò.  La Timidezza, timida come sempre, si nascose in un gruppo d’alberi.  La Gioia corse in mezzo al giardino.  La Tristezza cominciò a piangere, perché non trovava un angolo  adatto per nascondersi.
L’ Invidia si unì al Trionfo e si nascose accanto a lui dietro un sasso. La Follia continuava a contare mentre i suoi amici si nascondevano.  La Disperazione era disperata vedendo che la Follia era già a novantanove.  ‘CENTO! – gridò la Follia – Comincerò a cercare.’
La prima ad essere trovata fu la Curiosità, poiché non aveva potuto  impedirsi di uscire per vedere chi sarebbe stato il primo ad essere  scoperto.  Guardando da una parte, la Follia vide il Dubbio sopra un recinto che non  sapeva da  quale lato si sarebbe meglio nascosto. E così di seguito scoprì la Gioia, la Tristezza, la Timidezza.
Quando tutti erano riuniti, la Curiosità domandò:  ‘Dov’è l’Amore?’. Nessuno l’aveva visto.  La Follia cominciò a cercarlo.  Cercò in cima ad una montagna, nei fiumi sotto le rocce.  Ma non trovò l’Amore. Cercando da tutte le parti, la Follia vide un rosaio, prese un  pezzo di legno e cominciò cercare tra i rami, allorché ad un tratto sentì un  grido.
Era l’Amore, che gridava perché una spina gli aveva forato un occhio.  La Follia non sapeva che cosa fare.  Si scusò, implorò l’Amore per avere il suo perdono e arrivò  fino a promettergli di seguirlo per sempre.  L’Amore accettò le scuse.
 

Ed ancora oggi, l’ Amore è cieco e la Follia lo accompagna sempre…

 

Volevo essere…

  •     Una diva… o almeno così mi diceva papà quando, a 3 anni, appoggiata alla ringhiera di una fontana nel parco di Nervi, lunghi boccoli oro nascosti da un cappello in paglia a larghe tese, occhiali scuri e borsetta, sorridevo all’obiettivo della vecchia Ferrania

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  •      Un ingegnere, quando a 4 anni, guardando la stazione ferroviaria e le corriere che si fermavano sotto casa, volevo cambiare le ruote alle corriere per farle camminare sulle rotaie
  •     Una ballerina, quando a 5 anni, imparavo a mettere su i 45 giri sul vecchio Lesa, giradischi dotato di selettore per 16-33-45-78 giri, e mi lanciavo in un twist sfrenato (cosa che faccio tuttora!) Il giradischi successivamente fu rinominato da me e mia sorella come TUTANKAMON.. la mummia… funzionava sempre!
  •      Un’insegnante… sempre colpa di papà che a 7 anni, al mio primo paio di occhiali da vista mi disse che sembravo proprio una maestra

 

Poi qualcuno, quando avevo 15 anni e nacque mia sorella, mi disse che con un bimbo in braccio stavo bene. Mmmh… questa cosa non mi piaceva molto: decisi quindi di non uscire mai con lei (colpa anche della somiglianza… ma mi ero stancata di essere presa per sua madre)

 

Quando finita la scuola, con tanti bei sogni nella testa, affrontai il mio percorso iniziai a dubitare del risultato finale. Ne ebbi la certezza quando cominciai a lavorare e posi fine ai sogni di laurea, sbattendo la porta della facoltà, per… incompatibilità di carattere Sorriso.

 

Ero solo una persona normale che voleva conoscere il più possibile del mondo attorno.

 

E finalmente venne anche il momento di sfidarmi nel fare un lavoro diverso, non la semplice segretaria. Un lavoro tecnico, da uomo. Uno di quelli che ti diverti a gettare in faccia agli scettici. E mi ha portato a girare il mondo.

 

Non credo di aver sbagliato in fondo, ma ho ancora un sogno abbastanza ricorrente.

 

Fare la guida turistica.

 

 

E chissà che prima o poi… Tanto domani… si va per grotte in Appennino!  

 

 

 

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E voi? Cosa volevate essere??

 

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